La sinistra e il disumano

dicembre 31, 2008 § Lascia un commento

Una sinistra nuova deve compiere un salto culturale
Pubblicato su Liberazione del 19.12.08

Finalmente le parole sono state dette: “capitalismo” e “umanità” sono infatti collegate fra loro, in un articolo di Rina Gagliardi, apparso su Liberazione del 4 novembre scorso. Tra le righe, si legge in realtà “capitalismo e disumanità”. Come se la crisi a sinistra srotolasse, mano mano i tabù aggrovigliati dei suoi pensieri. Quelli che gli studiosi delle ragioni della sconfitta fanno ancora fatica ad interpretare: la realtà della “regressione umana” prodotta dal sistema e della cultura “capitalista”. La mancanza di rapporti umani, il vuoto, l’assenza. E nella società italiana, la quasi totale deriva, prima dalla bella e vitale rivolta degli studenti, perché si era smarrito le chiavi del rapporto con l’altro, col diverso.
La scomparsa quasi totale della sinistra e la regressione culturale in corso non sono state mai interpretate adeguatamente, mediante una ricerca sull’umano. Così, sia i numeri di Alternative per il Socialismo, che altre riviste, articoli e dibattiti, pur portando avanti notevoli sforzi d’analisi, sfiorando sì l’idea di “regressione umana” che produce il capitalismo, non osavano sporgersi a indagarne le ragioni profonde.
Perché la sinistra è stata tuttora totalmente “terrorizzata” e tende a rifiutare l’idea di psiche, di umano, e di “pensiero irrazionale”?
La sinistra radicale è in buona parte ancora succube del pensiero e del sistema cultura dominante. E quindi, di conseguenza, inevitabilmente, del “capitale”. Essa riproduce il “totem unico” del lavoro quasi fosse l’unico suo punto di riferimento teorico. E finisce spesso per “rincorrere” gli stessi “valori” del sistema che intende criticare. Nel suo linguaggio, nelle sue gerarchie, nei suoi simboli e persino nella sua modalità di organizzazione, ripropone la stessa identificazione e ricerca del potere. Non si è ancora liberata dalla società borghese, razionalista e senza fantasia.
A parte qualche rara eccezione, la sinistra si è limitata a “pensare la vita” con categorie razionali: lavoro, sindacato, lotta alla precarietà. Non vede e non vuol vedere l’essere umano come punto centrale della sua ricerca – prassi. Oggi, ancora, (sia nelle 15 tesi di Bertinotti che nel programma di Ferrero, pure con diverse accentuazioni) si ripropone di «reinsediare il conflitto sociale» come sostanziale e prevalente unica via di trasformazione sociale. Pur essendo esso indubitabilmente punto cruciale, non sembra in grado – da solo – di rappresentare le chiavi di una trasformazione della società in profondità ne di costruire una realtà collettiva davvero umana e libera.
È giunto il tempo di osare il superamento del predominio del pensiero razionalista e economicista. È come se le teorie presenti tutt’oggi, sui “tavoli di lavoro” della sinistra insistessero nel rifiutare ciò che, da al meno quarant’anni, sembrano “evidenze”, sotto gli occhi di tutti (vere e proprie “banalità di base” come direbbe R.Vaneigem): l’unica trasformazione vera e concreta della società passa necessariamente attraverso la “dimensione psichica” degli esseri che la compongono. È possibile, pertanto, creare rapporti umani diversi e una società non violenta fondata sulle reciproche realizzazioni degli individui.
Una sinistra davvero e radicalmente nuova deve compiere quel “salto culturale”: pretendere rifiutare «ciò che nell’essere umano è disumano» (Massimo Fagioli). Per proporre il sogno possibile di una società davvero libera, perchè costruita sulla nostra ritrovata umanità.

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